Sono davvero dispiaciuto, ma devo sottolineare che la figura prodotta da Roy
Spencer sul suo sito e che riproduco in figura 1, è sbagliata e
ingannevole.
Fig.1: Numero di cicloni di categoria ≥3
atterrati negli Stati Uniti. È la seconda figura del post di Roy
Spencer. Da notare l'inizio nella nona decade (1931-40) e l'uso della
diciassettesima decade, incompleta.
È sbagliata perché
Per capire qual'è l'andamento corretto del numero di cicloni per decade bisogna risalire ai dati originali, disponibili in forma di tabella nel sito AOML_HRD (NOAA, Hurricane Research Division) e in una delle tabelle finali del lavoro di Blake e Gibney (2011) (disponibile liberamente nel sito di supporto). Naturalmente i dati sono presenti anche all'NHC (National Hurricane Center) ma, per quanto ho potuto vedere, in modo meno immediato rispetto ai due siti precedenti.
Questi due siti nascono chiaramente dallo stesso dataset iniziale ma
hanno frequenze per decade diverse, credo a causa di una diversa
classificazione della categoria degli eventi. Non sapendo quale
distribuzione sia la migliore, ho deciso di mostrarle entrambe: le
frequenze di AOML_HRD le ho trascritte a mano, sfogliando la lista; quelle
di Blake e Gibney sono presenti nella loro Tabella 6. Va sottolineato che l'elenco AOML_HRD è
aggiornato al 31 luglio 2018, mentre il resoconto tecnico NOAA di Blake e
Gibney è datato 2011.
Fig.2: Numero di cicloni di categoria ≥3
atterrati negli USA, secondo i dati AOML_HRD. Notare che non viene usata la
17.ma decade.
Fig.3: Numero di cicloni di categoria ≥3
atterrati negli USA, secondo i dati della tabella 6 di Blake e Gibney
(2011).
Gli istogrammi delle due ultime figure mostrano una pendenza positiva di
(6±11)x10-2 eventi/decade e (7±12)x10-2
eventi/decade, rispettivamente; praticamente la stessa e non significativa,
con un'incertezza relativa di quasi il 100%. Quindi si può dire che la
frequenza di atterraggio dei cicloni negli USA è rimasta costante negli
ultimi 160 anni.
Il tentativo fatto da Roy Spencer (è un ricercatore troppo esperto
perché non si debba immaginare un motivo diverso da un tentativo
ingenuo) è quindi inutile: i dati presi nella loro interezza mostrano
senza dubbio che il cosiddetto cambiamento climatico (l'AGW) non ha influito sul
numero degli eventi estremi osservati negli USA. Forse si poteva immaginare
il risultato, visto che la potenza dei cicloni non dipende dalla temperatura
assoluta dell'oceano ma dal gradiente di temperatura e visto che
fenomeni come l'amplificazione artica producono un minore gradiente.
Questo post nasce da un commento, scritto per uso personale, al nuovo report dell'IPCC SR1.5 nel quale usavo il grafico di Roy Spencer; dopo un primo dubbio, ho cercato di verificare i risultati.
Nel sito di supporto sono presenti anche i grafici delle serie temporali
ordinate per categoria, pressione minima e velocità del vento
all'atterraggio, derivate dall'elenco AOML_HRD.
Ho aggiunto, il 22.10.2020,
un grafico del Servizio
Meteo Australiano (BOM) con il numero di cicloni
tropicali registrati in quella nazione; anche qui si vede una situazione
paragonabile a quella statunitense e, in ogni caso, non connessa al continuo
aumento della CO2.
Tutti i dati relativi a questo post si trovano nel sito di supporto qui |